Mi sto avventurando nella perversa ricerca dei famigerati file messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate per poche ore e finiti in pasto al ruminante mulo. Non nascondo di avere scaricato varie copie dei file relativi alla mia provincia, per quella curiosità che ammorba tutti e che tutti spinge a frugare nelle vite altrui, o meglio in quelle tracce di esistenza che si lasciano dietro che lasciano dentro l’incolmabile contenitore vuoto che è la Rete, sempre più incolmabile via via che lo si riempie poiché ogni nuova cosa lasciata apre innumerevoli prospettive di deformazione e replica. Così ho scoperto un fatto molto, molto, molto istruttivo: stanno circolando versioni contraffatte dei file messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate! Certo, altrimenti non si spiegherebbe il fatto che alla stessa persona siano attribuiti redditi completamente differenti a seconda del file scaricato. Se mi fossi limitato a sbirciare i dati relativi a parenti ed amici non mi sarei accorto di nulla. Il fatto è che ho cercato fra le righe dei vari TXT i redditi massimi e sono comparse un paio di cifre talmente irragionevoli associate a benemeriti sconosciuti da spingermi a confrontarle con le stesse righe di altre versioni dello stesso file. Bingo! Cifre completamente differenti per lo stesso contribuente: uno dei due file – molto presumibilmente il primo – è un falso.
Questa piccola scoperta mi ha spinto a raffinare il confronto estraendo tutte le differenze con un semplice script realizzato al volo per lo scopo. Risultato: le variazioni ci sono, sono poche ma sostanziali e riguardano molti dei file scaricati, ma non tutti… Insomma, risalire ai dati reali è sufficientemente facile, ma resta il fatto che qualcuno sta diffondendo consapevolmente informazioni truccate con lo scopo nemmeno tanto nascosto – direbbe ogni buon complottista – di generare un disturbo di fondo e gettare discredito sui contenuti dei file ottenuti mediante il ragliante client p2p. Oppure le correzioni sono solo una beffa di chi sa quanto poco valga questa modalità di diffusione delle informazioni. Poco importa, il risultato è lo stesso: la prevalenza di un disordine che regola la comunicazione del nostro tempo, un caos latente e intrinseco che riemerge e affonda trascinandosi dietro le quattro cose che crediamo di sapere.
Shame on you, somaro di un mulo!