A volte riordinare la pila dei DVD a cui affido i miei frequentissimi backup mi regala cose inattese. Questa bozza di poesia, che ora ritoccherei qua e là ma che mi piace riprodurre tale e quale, stava in un file di appunti datato 8 settembre 2004.
A volte dimentico di essermi occupato anche d’altro in passato. L’informatica mi ha assorbito quasi completamente a partire dal 1997. Quell’anno una passione nata in piena adolescenza – il mio primo programma in GW Basic risaliva al lontano 1986 – si è trasformata nelle mia professione. Croce e delizia.
Dovrei rimettere in ordine anche i miei appunti di semiotica. Le mie fotografie. Ma chi me lo dà il tempo? Tu forse? No? Nemmeno i pochi minuti che ti servono per leggere un mio pensiero così lontano?
Non di soli tips & tricks vive l’uomo 😉
Femmina d’insetto dalle lunghe dita
che tessi la tua logica imprigionata
sullo schienale d’una sedia vuota
mentre consumo il mio pasto notturno
nutriente e schivo e per nulla lauto
mezza confezione di wafer
mezza sigaretta
mezza caraffa di vino
da te ti rincorri da un capo
all’altro del filo teso fuoriuscito
dal tuo ventre molle e crociato
capovolta dimeni le tue lunghe
languide gambe divaricate tremanti
io conto i tuoi mille passi, suonatrice
d’arpa dal corpo di liuto, vibri
al fragore di uno spiffero d’aria
mi aggiusti gli occhiali inadeguati
sulla chiave di volta del viso
e mi regoli e mi cadenzi il respiro
affannandomi ancora mentre deglutisco il vino
e inarchi il ventre molle crociato
non pendolo – no, nessuna
velleità da metronomo –
glissi piuttosto torcendo il lembo
meno teso della tua tela monocorde
vibri e ti libri e vivi semplicemente
non senti alcun bisogno di venire a me
lamentando il tempo che ti consuma
gli abiti e i soldi: scrivere
ogni sera
sotto tua dettatura,
mia maestra…