Vi riporto qui l’incipit di un corsivo pubblicato un paio di giorni fa su https://saperi.forumpa.it a firma di Tiziano Marelli, sperando di solleticare la vostra curiosità.
È notizia di pochissimi giorni fa quella relativa al parere negativo del Consiglio di Stato sull’utilizzo di mezzi telematici per la presentazione delle prossime domande da professore universitario. La disputa riguarda i concorsi che dovrebbero partire in autunno. Si tratta di un’operazione monstre: almeno 25mila candidati (ricercatori, professori associati e studiosi di varia specializzazione attualmente impiegati extra-ateneo) che devono essere selezionati da 180 commissioni composte da 900 giudicanti. Una “gara” che comunque non mette in palio cattedre nell’immediato, ma serve a rientrare semplicemente negli elenchi dell’abilitazione nazionale, quelli rispetto ai quali le università italiane potranno attingere per poi “chiamare” docenti ordinari e associati di tutte le materie.
Davanti ad un esercito del genere in marcia sull’Università, il Miur – il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – si era convinto a puntare sulla Pec, la posta elettronica certificata, nella prospettiva di rendere più semplice la trafila ai candidati, e più snella la selezione a chi ne era preposto. In questo modo, le “domande, corredate da titoli e pubblicazioni scientifiche” andavano “presentate per via telematica”, e così sarebbe bastata una mail certificata con tanto di pdf in allegato per assolvere la richiesta. Ma per il Consiglio di Stato il problema si è, invece, rivelato insormontabile perché, paradossalmente, “la trasmissione informatica può diventare troppo onerosa e richiedere tempi di confezionamento e lettura più lunghi”, anche perché risulterebbe “troppo difficile leggere le mail con allegati”. Poche parole a epitaffio di un lodevolissimo tentativo di modernizzazione e innovazione delle metodologie in atto nella Pubblica Amministrazione, con la conseguenza che ora tutti i candidati dovranno spendere soldi inutili (e nemmeno pochi) per riempire di carta le commissioni pre-esaminatrici (solo le pubblicazioni che dovranno essere considerate valide sono dodici, e in cinque copie, tanti sono i componenti di ogni collegio) e intasare le Poste di plichi che poi andranno ad accumularsi al Miur per essere passati al vaglio. Leggi tutto…